Autore di musica e testi di canzoni popolari, Luigi Venturini ha attinto alla tradizione musicale marsicana salvaguardandola e rinnovandola.
Ha studiato nel seminario di Pescina, e poi in quello dei Benedettini di Roma, dove potrebbe aver acquisito nozioni di musica seppure in forma non specialistica.
Le sue canzoni sono documenti non soltanto in quanto testimoniano melodie e ritmi della tradizione popolare ma anche in quanto raccontano un tempo e una società.
I suoi personaggi – la lupinara, la capamela, la lattarella, jo ciaramellaru – sono l’espressione e la memoria di mestieri e di un tessuto economico sociale: la vendita del latte appena munto portato in paese da ragazze dalle bottiglie tintinnanti, la cernita delle mele portate a Tagliacozzo in attesa di essere smistate nei mercati delle grandi città.
Delle feste si ricordano riti e usanze ormai scomparse. La sera che precedeva la festa dell’Assunzione si accendevano falò in ogni rione e si cantava e ballava alla luce del fuoco. Le ragazze mettevano alla finestra in un bicchiere un albume d’uovo per trarne auspici e speravano che il tuorlo prendesse la forma della barca, metafora dell’amore che conduce oltre oceano con un americano.
Le canzoni d’amore sono nella forma di pastorali o di addii all’amato in partenza per la guerra.
Il mese di maggio con il risveglio della natura, il rammarico della primavera che va via, gli incontri amorosi, lo sfiorire della bellezza, i lavori campestri sono temi che rappresentano una società non lontana nel tempo, che racconta di sé attraverso testi e melodie.
LA CAPAMELA
I stenco tutto j’jorno a capà mela
e canto ’na canzona paesana.
Chi sa sta mela quanto va lontana
e chi lo sa chi se la magnerà.
Po’ esse ’na occuccia delicata
che la remmonna co’ corteglio d’oro
acquanto oria sapè ma me ne moro
addò si destinata a i a fernì.
Mela limone me, mela limone
tu si vela che appicci la passione.
Tu fusti che ’ngannasti mamma Eva
e quando aglio giardino a tata Adamo
i ’nzenga j’arbero e po’ isse: “Jamo
che ’na magnata ci n’atemo fa”.
I stea abburritato jo serpente
che gli ’nvita co’ tanta bella voce:
“Magnete – icea – sentete comme è doce”.
Appresso Eva se ne accorgerà.
Mela ranetta me, mela ranetta,
i te manio ma sempre sospetta.
E quando che te so tutta ’nfioccata
tu certo va a fernì a ’na vetrina.
Chi sa non passerà na signorina
che te se mette a remirà.
Chi sa non passerà po’ ’no signore,
erano du’ che s’erano lassati;
coscì du’ cori se so’ rencontrati.
Visto miraco’ jo si fatto tu.
Ahi mela rosa me, ahi mela rosa
tu va a fernì a ’na tavola ’e ’na sposa.
S. MARGHERITA 1959
Il fior che ogni stagione è sempre in vita,
e candido si schiude al sol nascente,
tente (sic) le braccia e ad amare invita,
intorno a se ogni essere vivente.
Il nome di tal fiore, non per niente,
fu imposto a te, o cara Margherita,
poiché sbocciasti tutta sorridente
e a chi ti generò, tanto gradita.
All’ombra dei tuoi petali noi siamo,
fiore di tutto cuor, che il bene appresta
ed al gentile stelo ci avvinghiamo!
Ma per solennizzare la tua festa
due fiori sono; noi vecchi decliniamo!
Divina grazia inondi la tua testa
Zio Luigi
ADDIO PRIMAVERA 1961
È giugno ventuno (onomastico),
primavera esali il tuo respiro,
fra torbitume dell’aere
i tuoi giorni passarono
e tarda la mia età
frena i singhiozzi.
Avrei voluto vederti
nel vellutato tuo manto
e stringerti con me
eternamente.
O primavera!
Tu che dai germogli
in fiori mutasti ogni pianta
che frutti renderanno
da tuo fratello luglio.
Rinverdisce in me
questa carcassa
che da morte
sovente si schermisce.
FATTI I FATTI TUOI (BALLO CON SCHERZO)
Fatti i fatti tuoi
se davvero vuoi
il mio bene che t’attraerà
e ballando poi
senza che t’annoi
dimmi che piacere non sarà.
Dunque mia diletta
nella forte stretta
paradiso della voluttà
bocca non mente
mentre dolcemente
fra le braccia sta.
Vincolo d’amore
batte forte il cuore
mentre baci baci
ti darà!
LA PARTENZA ALLE ARMI
Arrivederci, i parto a fa jo sordato Catarì
pe’ recoderci, fammete revedè prima ’e partì
me piagne jo core, pensenno che me te tocca lassà.
Ma se me si fedele
si doce come mele
contento parto i
pensenno sempre a tti.
Se vaio lontano
secura sta che a tti stenco a penzà;
co j’aeroprano
chi sa se non te venco a retrovà.
Che fa j’amore
Però a chi se lo sa merità.
E femmone so tante
diavoli o sante.
I creo solo a tti
Perché o’ bene a mmi.
Saccio m’aspetta la sciabula,
fucile e po’ marcià
e de cavette ’na bona scorpacciata n’ata fa
e pe’ timore, sergenti, caporali salutà.
De resto ’on mi fa gnente
Coscì piace alla gente;
’no jorno adà venì
Pe’ sta sempre co tti.
CANTAMI ANCORA UNA CANZONE (GUERRA '42)
Nel componimento, rivolto dal soldato partito per la guerra alla sua amata, il tema amoroso e guerresco si intrecciano, culminando nella forte contrapposizione amore-odio espressa da Venturini negli ultimi versi: “[...] ch'è più bello vivere d'amore e non di odio e di brutal rancore [...]”.
LA CANZONE 'E MAGGIO
Venturini ha cantato ampiamente le stagioni nella sua produzione musicale e poetica; in particolare, oggetto prediletto dei suoi versi è stata la primavera, la stagione più bella, simbolo della giovinezza che fiorisce, al pari della natura. Questa canzone è dedicata al mese di maggio, il periodo di massima espressione della primavera. In apertura fa subito la sua comparsa il simbolo della bella stagione, la rondine: "Guarda le rundinelle che 'n cielo stao a vola' ... vidi comme so' belle, se mettono a scherza'... arivano alle stelle, a di' che maggio è già [...]"
SALVE REGINA - PESCARA 1953
"Mottetto in occasione delle nozze di Noemi e Carlo, musiche di zio Luigi"
Il "Salve Regina" è stato composto per i festeggiamenti del matrimonio di Noemi e Carlo, legati al musicista da un rapporto di parentela. Si inserisce all'interno di tutta una produzione occasionale che nel periodo post-bellico, non particolarmente fecondo per Venturini dal punto di vista creativo, è stata ispirata da ricorrenze quali compleanni, onomastici e, appunto, matrimoni.
TANTUM ERGO A QUATTRO VOCI
L'inno in latino composto da San Tommaso d'Aquino su espressa richiesta di papa Urbano IV per la celebrazione del Corpus Domini è stato musicato da Venturini per quattro voci. Appartiene al filone della produzione liturgica, ben documentata nel fondo archivistico "Luigi Venturini", donato dagli eredi del musicista alla Sezione di Archivio di Stato di Avezzano.
EREMO MELODIOSO
"Dopo la non avvenuta fine del mondo"
Nel documento è possibile rilevare una stratificazione del testo che testimonia le diverse fasi del lavoro di composizione, con depennamenti, aggiunte e correzioni. Caratteristico è l'utilizzo del supporto scrittorio, un semplice ritaglio di foglio a righe sul quale la scrittura corre ora parallelamente ora perpendicolarmente alle righe stesse.
LUNA NON FAR LA SPIA
In questa canzone, che lo stesso Venturini riconduce agli amori pastorali, ci si rivolge direttamente alla natura: "Luna non far la spia, passo silente per questa via, ginestre profumate mi accompagnate alla bella casetta ove il mio cuore ripone amore." La luna, le ginestre profumate e le stelle osservano, ascoltano; sono le confidenti alle quali viene confessata l'esistenza di un sentimento d'amore non corrisposto o, forse, non ancora dichiarato.
SCAMBIO EPISTOLARE TRA VENTURINI E IL MAESTRO VETUSCHI DELL'ASSOCIAZIONE CORALE "GIUSEPPE VERDI" DI TERAMO
Lo scambio di lettere tra Venturini e il maestro Vetuschi dell'Associazione corale “Giuseppe Verdi” di Teramo relativo alla partitura de “La Capamela” rappresenta una testimonianza dell'apprezzamento di cui godeva la produzione musicale di Venturini anche al di fuori dei confini del territorio marsicano.