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A conclusione di una procedura avviata su iniziativa dell’Associazione “Tina Merlin” di Belluno e condivisa dall’Archivio di Stato di Belluno, dall’Archivio di Stato dell’Aquila e dalla “Fondazione Vajont 9 ottobre 1963 – ONLUS”, il fascicolo processuale del disastro del Vajont è stato inserito nel registro internazionale Memory of the World con la denominazione di Archivio processuale del disastro della diga del Vajont.
Il dossier, presentato congiuntamente dagli Archivi di Stato dell'Aquila e di Belluno alla Commissione Italiana Unesco, e per suo tramite al Segretariato Internazionale di Parigi, mette in evidenza il valore dell'archivio quale esempio significativo di documentazione complessa che testimonia come l'intervento umano possa alterare l’equilibrio della natura provocando un disastro e migliaia di vittime.
Del fascicolo processuale viene inoltre sottolineata la valenza di raccolta multidisciplinare di dati che, oltre alle testimonianze umane, comprendono informazioni che spaziano dall’economia, alla sociologia, al diritto, all’ingegneria civile, alla meccanica, all'idraulica, alla geologia, alla tettonica, alla geofisica, alla geomeccanica, alla sismologia, fino alla medicina legale e alle neuroscienze.
Di assoluto rilievo l’innovazione giurisprudenziale introdotta dal giudice istruttore del Tribunale di Belluno, Mario Fabbri, sia con l'affido delle perizie a tecnici stranieri, sia condividendo con la Commissione parlamentare di inchiesta atti e documenti che erano assoggettati al segreto istruttorio, essendo l'indagine ancora in corso di svolgimento.
Gli eventi del disastro del Vajont sono noti. Il territorio coinvolto è compreso nelle attuali province di Belluno (Regione Veneto) e Pordenone - al tempo dell’accaduto Udine - (Regione Friuli-Venezia Giulia). La notte del 9 ottobre 1963 nel bacino idroelettrico del Vajont, formatosi in seguito alla costruzione della diga alta m 264,60 – la più alta diga di quel tipo (ad arco a doppia curvatura) allora esistente – cadde nel tempo di 20 secondi alla velocità di scorrimento di 100 km/h una frana di 266 milioni di metri cubi, che si staccò dal monte Toc sulla sponda sinistra del bacino. La diga rimase intatta, ma l’onda sollevatasi risalì il versante opposto della valle, superò poi la diga e precipitò nella sottostante valle del fiume Piave provocando distruzioni e 1.910 vittime. Il paese di Longarone fu completamente distrutto, così come intere frazioni dei paesi di Castellavazzo (BL), Erto e Casso (PN).
Il disastro è stato oggetto di dibattimento in un lungo processo penale avviato a Belluno e trasferito all’Aquila il 10 maggio 1968 per motivi di ordine pubblico e per legitima suspicione. Al processo di primo grado, concluso nel 1969, ha fatto seguito il processo d’appello concluso con sentenza penale nell’ottobre 1970. La sentenza definitiva sarà emessa dalla Corte di Cassazione il 25 marzo 1971.
Il fascicolo processuale è costituito dagli atti dell'istruttoria preliminare - prodotti dal Tribunale di Belluno e trasmessi all’Aquila dopo la rimessione del processo - e dalla documentazione prodotta da Tribunale e Corte d'Appello dell'Aquila nei processi di I e II grado. Il fondo consta di 256 faldoni di documenti cartacei, ma comprende anche numerosi allegati di natura non cartacea (pellicole, lastre, manufatti, materiali provenienti dalla zona di frana).
Il 17 marzo 2008, in base a una convenzione sottoscritta nell’ottobre dell’anno precedente tra il Tribunale dell’Aquila e l’Archivio di Stato dell’Aquila, il fascicolo processuale - anticipando i tempi di versamento - fu consegnato all’Istituto archivistico che ha provveduto alla realizzazione dell’inventario a cura di Giovanna Lippi e Daniela Nardecchia.
Dopo il sisma del 2009, per permettere la prosecuzione dei lavori di valorizzazione del fondo, fu stipulata un'apposita convenzione tra Direzione generale Archivi, Archivio di Stato dell’Aquila, Archivio di Stato di Belluno, ENEL, Fondazione Vajont, Comune di Longarone, in seguito alla quale il fascicolo processuale è stato temporaneamente trasferito presso l’Archivio di Stato di Belluno che ne ha curato (interamente a spese della “Fondazione Vajont 9 ottobre 1963 – ONLUS”) il restauro e la digitalizzazione, prevedendo altresì di pervenire al risultato di una pubblicazione on-line della documentazione.
L'iscrizione del fondo archivistico nel registro UNESCO Memory of the World costituisce il raggiungimento di un obiettivo perseguito con un lavoro d'equipe durato ben otto anni. Già nel 2016 è stata avviata una prima istanza di candidatura, non andata a buon fine. Nel 2022 il procedimento ha mostrato risultati concreti, con la positiva conclusione avvenuta il 18 maggio 2023.
Per il sessantesimo anniversario della tragedia - il 9 ottobre 2023 - l'Archivio di Stato dell'Aquila e l'Archivio di Stato di Belluno realizzeranno iniziative congiunte.